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Maria Antonietta Nardone

Diversa, non inferiore


Questo è il mio outing particolare: sì, sono zia di una bambina autistica. Sono la zia di Giorgia, una bellissima bambina di cinque anni dai sontuosi occhi azzurri. Sono passati tre anni dalle prime perplessità su alcuni comportamenti della piccola. Perplessità che hanno portato a tutti gli accertamenti e gli esami del caso fino ad arrivare ad una diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Con quadro severo.

Non racconterò qui che cosa è avvenuto nel mio animo alla notizia. Ora dico solo che è stato un lutto; un tremendo lutto. Né racconterò quanto hanno provato e subito i suoi genitori. Non ora. Non qui.

In questi anni, solo amiche e amici fidati hanno saputo e rispettato la mia riservatezza al riguardo. Una riservatezza non solo a me connaturata, ma rafforzata dal desiderio di proteggere la nostra cucciola da sguardi, commenti, curiosità, commiserazioni, giudizi indiscreti ed inutili.

Ho deciso di uscire allo scoperto, tra le varie ragioni, anche perché quanto ho sperimentato e visto in questi tre anni, credo che me ne dia più che il diritto direi proprio l’obbligo. Un obbligo etico, affettivo e spirituale.

E, visto che sono una scrittrice, ho pensato di ideare questa rubrica Diversa, non inferiore, che è il titolo di un libro di Temple Grandin, la professoressa di zoologia e progettista di attrezzature per allevamento di bestiame, che, autistica, anche se Asperger, ossia un tipo di autismo ad alto funzionamento, ha pubblicato più volumi, rilasciato molte interviste televisive sul cervello autistico e sul pensiero per immagini che hanno coloro che vivono questa condizione. Una rubrica dove poter scrivere delle esperienze, dei pensieri, dei sentimenti, delle riflessioni, delle storie, dei pesi e delle assurdità a cui è soggetto un parente stretto di un bambino o di una bambina autistica. Perché quello che si vive e si subisce è giusto che sia conosciuto. È giusto che si sappiano i comportamenti e le reazioni di una società e di una comunità che, a parte rare e preziose eccezioni, è prigioniera di un’ignoranza, di una cattiveria e di una chiusura di cuore che sgomentano tanto sono diffuse e profonde.

Alla passeggera dell’aereo che si lamentava spazientita con l’hostess del pianto della mia nipotina quando aveva tre anni, che, caduta, aveva sbattuto il naso ed aveva tutti gli occhi gonfi e rossi, durante un volo della durata di 50 minuti; al nonno che spinge il suo nipotino sull’altalena e rimprovera in un sol colpo me e la piccola perché non siamo sufficientemente attente al pericolo di essere colpite dalle oscillazioni del suo pargolo; all’addetta all’aeroporto del controllo dei bagagli a mano, che ha letteralmente strappato dalle dita il libro illustrato che Giorgia aveva in mano ed alle sue urla ha detto:«Eh, quante storie lo riprendi dopo che è passato sotto il nastro!» con il padre che ha dovuto spiegare:«Non è una bambina che fa storie; è una bambina autistica»; alla signora che mi ripete per quattro volte che il piede della bambina è sotto il passeggino – è il suo modo di frenare – guardandomi con disappunto e disapprovazione perché non intervengo pur ribattendole anch’io, per quattro volte:«Sì, lo so; grazie», rispondo così: voi non resistereste un’ora a gestire un bambino autistico iperattivo o in pieno momento oppositivo. Voi, voi sconosciuti non resistereste nemmeno un’ora. Avere a che fare con malati di Alzheimer, psicotici, borderline, depressi, bipolari può sembrare una passeggiata di salute al confronto della gestione di un autistico. E, comunque, voi sconosciuti, non avrete le mie energie. No, non le avrete; servono ad altro.

Una sola cosa, al momento, mi dà conforto: Giorgia, la mia nipotina, non è toccata da tutta questa miseria professionale, affettiva, sociale. No, al suo animo tutto questo non arriva (per fortuna!). Ed io imparo la lezione proprio da lei; al mio animo tutto questo purtroppo arriva, ma io cerco di non esserne intaccata. Mi addolora, mi intristisce, mi fa arrabbiare, dipende dalle circostanze, ma non lo penetra. Soprattutto, non lo indebolisce né, tantomeno, lo corrompe.

Ed ora un'immagine con domanda finale: immaginate di andare a prendere vostro figlio o vostra figlia in una qualsiasi scuola materna od in un qualsiasi asilo, alle 12,30, e di trovarlo sdraiato in un angolo, sul pavimento, che dorme, con il pannolino non cambiato, le narici piene di muco, senza aver mangiato né bevuto non si sa da quanto tempo, bè, voi, come reagireste? Non importa che sia autistico o meno, voi, genitori, nonni o zii, davanti ad una scena del genere che cosa provereste e che cosa fareste?





Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati


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