Ilaria Occhini, un'eleganza senza tempo
(foto presa dal web)
In questo nero luglio di perdite preziose, se ne va nella stanza accanto anche Ilaria Occhini, un’attrice di teatro, televisione e cinema di insuperata grazia ed eleganza. Molti la ricordano per i suoi ultimi ruoli al cinema. Io serbo ricordi più remoti: una replica dello sceneggiato Jane Eyre (1957) di Anton Giulio Majano e il Puccini (1973) di Sandro Bolchi, in cui è una superba Elvira, la moglie del grande compositore lucchese, interpretato da un grandioso Alberto Lionello.
Ma soprattutto conservo nel mio animo profondissime emozioni teatrali: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana (1996) e Alcesti di Samuele (1999) di Luca Ronconi e Spettri (2005) di Massimo Castri. La vittima Liliana Balducci (Gadda/Ronconi) e le figure di madri, l’una talmente attaccata al figlio da essere degna di figurare in un manuale di psicopatologia (Savinio/Ronconi), l’altra, sofferente e protettiva pur nella sua sconsolata rassegnazione (Ibsen/Castri), hanno un coraggio ed una sottigliezza interpretativa nell’indagare certe ombre del femminile che non solo si sono impressi in una maniera indelebile nella memoria degli spettatori, ma li hanno accompagnati con suprema delicatezza nei luoghi più oscuri e più difficili da attraversare.
Grazie di tutto, signora Occhini.
Una spettatrice incantata e profondamente grata.
C. P.
Côté polemico
Quando un’attrice muore è giusto ricordarla per quanto ha fatto come attrice e non perché è nipote di…, figlia di…, moglie di…, madre di…, suocera di…, consuocera di…, nonna di… ecc.
Trovo avvilente questo provinciale provincialismo di una provincia che ha dimenticato la sua storia, tutt’altro che provinciale.
Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati