Chi bruciamo oggi?
(Foto della locandina presa dal web)
STREGHETTA
testo di Antonello Toti
regia di Miranda Angeli
con Alessia Filiberti
(Teatro Antigone - Roma)
Ma che bello questo monologo! Un’ora che scorre via senza sentirla, avvinti come si è dalla forza drammaturgica del testo, dall’essenzialità allusiva della regia e da un’interpretazione che attinge ad una miriade di toni, registri, stati d’animo e sentimenti.
Quando lo spettacolo inizia con quell’inconfondibile motivo «A mille ce n’è, nel mio cuore di fiabe da narrar, da narrar…» si può pensare ad una favola. Si prosegue con principesse, principi, streghette e poi ecco il lupo ed infine l’orco. Ma no, non è affatto una fiaba! Una giovane in scena parla con un interlocutore che non vuole essere chiamato per nome e a cui tenta invano di offrirgli un caffè, risponde a telefonate continue ed incessanti, e parla, parla, parla; racconta e si racconta.
È un inizio che sembra soave, ma via via che si prosegue si avverte un’aura di minaccia che si propaga, si propaga fino a deflagrare in tutta la sua potenza.
Non voglio svelare oltre perché si perderebbe l’andamento imprevedibile che prende la narrazione. Voglio però dire che l’autore è stato molto abile a trattare un tema di dolorosa contemporaneità senza mai avere cadute sociologiche bensì mantenendosi sempre sul versante dell’indagine psicologica con una ricchezza di immagini, con una freschezza di linguaggio e con un’acuta conoscenza dell’animo femminile che stupiscono, facendo emergere a poco a poco tutta la ferocia di una comunità ancora fortemente patriarcale che, davanti ad una violenza sulla donna, non sa e non vuole riconoscere chi sia la vera vittima e chi sia il vero colpevole. Così come la regia, attentissima ad ogni sfumatura e passaggio dell’opera, capace di creare quell’atmosfera minacciosa e soprattutto di non lasciare persa od inerte alcuna frase, alcuna battuta, alcuna parola – evento raro per non dire prodigioso in una regista alla sua terza prova.
È chiaro che la riuscita di questa messinscena non sarebbe stata possibile senza la scelta di un’attrice di talento; di indiscusso talento. Un’attrice ora delicata ora intensa, ora infantile ora fin troppo consapevole, ora comica ora drammatica; un’attrice che cambia toni e registri con efficace e sapiente disinvoltura e che conduce per mano lo spettatore fino alla fine della sua tanto inquietante quanto triste storia, passando dall’evocazione all’incredulità, dal dolore alla rabbia, dall’impotenza alla ribellione. Mi è piaciuto molto anche l’uso misurato e non caricaturale dell’inflessione dialettale – «parla, la gente purtroppo parla» – che mostra la maturità di un’interprete che non ha bisogno di strafare e privilegia la resa del suo personaggio ad un più facile atteggiamento mattatoriale – e quel baule in scena da cui pescare oggetti connotativi e narranti, del resto, richiama alla mente le performance dei più grandi mattatori che l’Italia abbia mai avuto.
Questo spettacolo pregevole e teso lo si deve al testo di Antonello Toti – che aveva ventisette anni quando l’ha scritto nel 2018 –, alla regia di Miranda Angeli che ha ventiquattro anni e all’interpretazione di Alessia Filiberti che ha trentun anni. Scrivo ciò come un dato di fatto di questi tre individui – sì, giovani! – che praticano con passione e rigore la difficile e meravigliosa arte teatrale che, nel mondo occidentale, è praticata da 2700 anni.
Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati
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