La scelta di Chiara
(Foto della locandina presa dal web)
A CHIARA
di Jonas Carpignano
con Swamy Rotolo, Claudio Rotolo, Grecia Rotolo, Giorgia Rotolo, Vincenzo Rotolo, Carmela Fumo, Antonio Rotolo, Antonina Fumo, Pio Amato, Giusi D’Uscio, Patrizia Amato, Koudous Seihon
Ma che bella sorpresa questo film di Jonas Carpignano, A Chiara! Che bella questa storia di crescita e riscatto! E quanto è intenso ed espressivo il volto di Swamy Rotolo!
A Gioia Tauro, Chiara Guerrasio vive con la sua amatissima famiglia – madre, padre e due sorelle – la sua vita di quindicenne che va a scuola, che va in palestra, che ascolta musica, che si incontra con le sue amiche per parlare e sparlare e per fumarsi una sigaretta sul muretto del lungomare (il massimo della trasgressione).
Il giorno del diciottesimo compleanno di Giulia, la sorella maggiore, è l’occasione per godersi una grande festa, con tanti parenti tutti riuniti alla stessa tavola; è l’occasione per fare dei brindisi, per ballare, per ridere, per vedere l’amatissimo papà, Claudio, incapace di dire due parole ad alta voce, impietrito da una soverchiante emotività. Questa inattesa impasse del padre accrescerà l’affetto che Chiara nutre per lui invece di affievolirlo.
In questa calda vita famigliare, all’improvviso, dopo l’esplosione della loro macchina, il padre scompare. E qui parte la ricerca di Chiara; ricerca del padre, certo, ma anche delle ragioni della sua sparizione, che la madre e la sorella maggiore tengono nascoste perché non sono faccende che riguardino una ragazzina.
È qui che inizia per Chiara la scoperta di un mondo sotterraneo, parallelo, di cui ignorava l’esistenza. Ed è da qui che la ragazza sfida spavaldamente i “grandi”: vuole scoprire come stiano veramente le cose, nella sua famiglia, e lo fa con una tenacia che non conosce flessioni e che tocca nel profondo l’anima dello spettatore.
Chi è veramente suo padre? Che lavoro fa per consentire alla sua famiglia una vita che non conosce preoccupazioni economiche? E più che con la madre il vero confronto e poi scontro durante questa sua ostinata ricerca è con la sorella Giulia, già consapevole del suo ruolo e della sua condizione.
Chiara decide di fare luce – simbolicamente bellissima la scena in cui accende la torcia per illuminare la realtà parallela del sotterraneo – in quel bunker segreto in cui anche lei rischia di rimanere imprigionata per filiazione, diciamo così. Difatti, una volta scoperta l’attività del padre, si apre per lei la necessità di operare una scelta. Di individuare il suo autentico Sé e dargli spazio e vita rispetto ad un ruolo e ad un’identità già tracciati (dalla famiglia e dal luogo in cui è nata). Perché, tra l’altro, bisogna pur riconoscere che Chiara ha il piglio di un capo a cui non ci si può permettere di fare sgarbi e risponde all’aggressione, magari anche involontaria, con un’aggressione ancora più forte e convinta.
È davvero originale l’idea di raccontare, attraverso un romanzo di formazione, un vero e proprio bildungsroman, la vita quotidiana di chi è un affiliato della ‘ndrangheta dove non ci sono spari, sangue ed uccisioni – così com’è tipicamente ritratta nelle varie fiction televisive o nei più scontati film di genere. E non perché questi non ci siano, bensì perché il regista ha scelto di rappresentare la vita di questi personaggi con i loro fortissimi legami e le loro indubbie “debolezze” senza sottoporla ad un giudizio manicheo come sono del resto tutti i giudizi moralistici, ma semplicemente mostrandola per com’è questa vita, con tutte le sue sfaccettature e quindi con tutte le sue durezze e le sue ambiguità, le sue gioie e le sue angosce.
Ed è molto fresco e delicato il modo che ha Carpignano di seguire la ricerca di Chiara, incollandosi al suo volto malinconico, alla sua nuca di ragazza ancora acerba, ai suoi capelli neri ora liberi al vento ora piastrati per un’occasione festosa; di seguire questa sua toccante determinazione che non si fa scoraggiare da nulla; di seguire le sue discese nelle viscere della terra, come una novella Alice nel paese del sottosuolo invece che delle “meraviglie” dove più che incontrare personaggi fantastici, si imbatte, inaspettatamente, in tutta la fragilità (anche etica) e la fallibilità (umana troppo umana) del mondo degli adulti.
Tante le scene che fluiscono con una naturalezza estrema senza alcuna concessione alla spettacolarizzazione o alla retorica. Una purezza di sguardo che mi ha colpito e conquistato; e che mi ha ricordato la prima filmografia di Bresson. In altre scene, per il modo che ha la macchina da presa di incalzare la protagonista, questo film mi ha ricordato Rosetta dei fratelli Dardenne, altro memorabile e straziante ritratto di una giovanissima che vive in un contesto tanto misero quanto disperato. E in alcuni momenti (l’incunearsi nelle botole segrete, le corse nella notte o sotto la pioggia) Carpignano mi ha portato a sentire la sostanza stessa di cui è fatto il cinema.
Le scene invece in cui è presente l’assistente sociale le ho trovate “stonate” rispetto al tono del film perché piattamente didascaliche e schematiche sebbene facciano risaltare l’ottusità, ma soprattutto la crudeltà delle istituzioni preposte ad aiutare quei minori che nascono e vivono in famiglie e contesti “mafiosi”. Una crudeltà ed un’indifferenza alla rottura dei legami più stretti che hanno gli umani che mi ha lasciato senza fiato.
Gli interpreti sono quasi tutti molto credibili ed espressivi, ma debbo riconoscere che una buona parte del film si regge grazie all’interpretazione di straordinaria intensità e spontaneità di Swamy Rotolo nella parte di Chiara. Sarà difficile dimenticare la sua caparbietà, il suo coraggio e la sua sofferenza per uno strappo affettivo che segnerà la sua nuova esistenza. Sarà difficile dimenticare tutto il percorso da lei fatto per conquistarsi una vita non disegnata e segnata dalla famiglia d’origine e per diventare ciò che “realmente” si è – così come sosteneva Nietzsche «divieni ciò che sei», un’esortazione a se stesso e compito primo di ogni individuo che voglia realizzare compiutamente tutte le inclinazioni e i talenti della propria personalità.
Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati
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