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Maria Antonietta Nardone

Sorprendente Romania


E chi se lo immaginava che la Romania fosse un paese così ricco di chiese fortificate e chiese lignee, di monasteri e castelli, di catene montagnose come i Carpazi, occidentali ed orientali, svettanti di abeti, pini e conifere (una macchia verde che rasserena ed entusiasma gli occhi), di sterminati campi di girasole e di granoturco, di persone accoglienti e gentilissime! Già, chi se lo aspettava!

Essendo stata in Polonia ed in Bulgaria nel 1980, quando c’era ancora l’Europa dell’Est, unita dal Patto di Varsavia, il mio immaginario si era assestato su quel tipo di vita, sebbene sappia benissimo che siano passati più di quarant’anni. Ricordo ancora nettamente che nel luglio del 1980 ero a Ruse, in Bulgaria, e il Danubio faceva da confine naturale tra la Bulgaria, appunto, e la Romania. Ruse, da una parte del ponte; Giurgiu, dall’altra parte. Da entrambi i lati, i militari a controllare e vigilare. Il mio immaginario, quindi, era rimasto legato a quel periodo. A questo si aggiunge la lettura de Il paese delle prugne verdi di Herta Müller, la scrittrice di lingua tedesca nata a Niţchidorf nella regione del Banato che ha vinto il Premio Nobel per la Letteratura nel 2009. Rifiutatasi di collaborare come informatrice della Securitate, la brutale polizia segreta del regime comunista di Ceaşescu, dopo aver svolto lavori sottodimensionati ed aver subito la censura dei suoi libri, nel 1987 riuscì a riparare a Berlino dove tuttora risiede. L’autrice racconta tutta l’oppressione e la violenza della dittatura che cade su quattro giovani amici e lo fa con una prosa che incide e scartavetra.

Perciò che sorpresa scoprire che la Romania, liberatasi dalla dittatura di Ceaşescu, si presenta agli occhi dei viaggiatori piena di bellezze artistiche e naturali.

Certo, non sono un’ingenua; ho visto, ad esempio, i film di Christian Mungiu, che descrivono la persistenza della corruzione in tanti ambiti pubblici e privati (Un padre, una figlia) e la violenza di certe derive del fanatismo religioso (Oltre le colline), ma l’impressione scaturita dal mio viaggio è comunque di una grande sorpresa.

Le splendide chiese lignee di Surdeşti e Deseşti, solo per fare due nomi, oppure i monasteri affrescati all’esterno della Bucovina, lasciano veramente a bocca aperta.

Gli affreschi di Suceviţa e Voroneţ che rimandano a tutta un’articolata simbologia religiosa sono superbi e finissimi racconti a cielo aperto. Il famoso blu di Voroneţ, che campeggia su tutti i muri del monastero omonimo, sfavilla insieme ai gialli del Giudizio Universale sul lato occidentale dell’edificio.

Tante sono state le emozioni in questo viaggio, come la signora che lavora la canapa a mano o il prete ortodosso che ci ha regalato due enormi pani benedetti, le icone risalenti al XVI secolo di Barsana o la forma e le linee dei villaggi sassoni fortificati, la devozione autentica di persone di ogni età e la povertà dignitosa nel Maramureş, e tanto altro ancora.

Ma due sono state le emozioni più forti che non sono legate all’estetica delle architetture religiose o alla gentilezza della popolazione rumena: la prima è l’essere riuscita ad andare a Sighetu Marmaţiei e vedere sia pure solo dall’esterno la casa natale di Elie Wiesel, lo scrittore vincitore del Premio Nobel per la Pace nel 1986, ma soprattutto l’autore de La notte, autobiografia sulla sua esperienza ad Auschwitz dove arrivò appena quindicenne. La seconda è l’essere entrata nella Sinagoga Grande di Bucarest ora adibita a museo della Shoah. Sulle pareti viene descritta tutta la storia dei rastrellamenti e delle deportazioni degli ebrei rumeni nel campo di concentramento di Vapniarca in Transnistria e in quello di sterminio di Auschwitz. Solo una manciata di persone cercò di fermare le deportazioni e/o di nascondere alcuni ebrei. Tutti gli altri furono presi e deportati nella primavera del 1944, con gli ultimi “carichi” dall’Ungheria. Non ho bisogno di aggiungere nulla alle cifre che ci ha dato il custode della sinagoga: la comunità ebraica rumena era composta da circa 800.000 persone prima della Seconda Guerra Mondiale. Oggi, sono circa 11.000 gli ebrei che vivono nel paese.

Prima di ripartire, tuttavia, restano negli occhi i colori degli affreschi dei monasteri della Bucovina o i colori pastello degli edifici di Sibiu e Sighişora o dell’ariosa piazza Sfatului dietro cui s’innalza la slanciatissima Chiesa Nera a Braşov.




(Monastero di Voroneţ - Romania, settembre 2021)




(Chiesa lignea di Lemn a Surdeşti - Romania, settembre 2021)




(Lapidi del Cimitero Allegro a Săpânta - Romania, settembre 2021)




(Devozione - Săpânta – Romania, settembre 2021)




(Affresco esterno dipinto con il famoso “blu di Voroneţ” - Monastero di Voroneţ - Romania, settembre 2021)




(Ritratto di giovane donna col costume tradizionale - Rozavlea – Romania, settembre 2021)




(Dettaglio dell’affresco esterno del monastero di Mondoviţa - Romania, settembre 2021)




(Piaţa Sfatului e dietro la Chiesa Nera a Braşov - Romania, settembre 2021)




(Il Giudizio Universale sulla parete occidentale del monastero di Voroneţ - Romania, settembre 2021)






Maria Antonietta Nardone © Tutti i diritti riservati



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